Christopher Codrington, una figura controversa nelle Piccole Antille
Antigua è una delle più gradi Isole Sottovento dei Caraibi e con le sue 365 spiagge, una per ogni giorno dell’anno, rappresenta una perla di rara bellezza che conquistò immediatamente i coloni britannici che vi si insediarono fin dai primi anni del 1600.
Tra questi, la dinastia dei Codrington ha rappresentato i più importanti membri della nobiltà terriera inglese, facendo di Christopher Codrington (nipote, 1668–1710)) il personaggio storico di riferimento di Antigua, oggi come allora: uno dei pionieri dell’introduzione nelle colonie caraibiche del concetto di Superpiantagione di canna da zucchero.
Il supporto del governo britannico (si pensi che per quasi duecento anni l’affitto dell’isola di Barbuda aveva il costo di una “pecora grassa”) favorì la gestione e lo sviluppo della piantagione conosciuta col nome di Betty’s Hope, assegnata alla famiglia nel 1674, mettendo il Governatore Codrington nelle condizioni di portare lo zucchero a diventare talmente profittevole da farlo diventare l’unico prodotto coltivato nel territorio all’interno di un sistema mondiale capitalista agli albori dell’era moderna.
La fortuna di Christopher Codrington è dovuta sicuramente alla ricchezza personale e al contributo della madrepatria, ma anche all’introduzione di tecnologie innovative e metodi di produzione legati indissolubilmente all’utilizzo di un concetto personale di schiavitù basato su un’applicazione duale della stessa: una nei confronti della popolazione di colore impiegata nei campi e nelle fabbriche, l’altra nei confronti della comunità bianca che doveva relazionare con lui nei diritti e nelle politiche coloniali. A lui, infatti, si deve la curiosa figura ambigua degli white slaves, che da un lato rivendicavano la propria libertà di azione economico-commerciale in ogni possibile tribunale, dall’altro negavano i più elementari diritti umani agli schiavi di colore.
Ma la vera sfida è proprio di capire come identificare la figura di Christopher Codrington: come un sottile e spietato schiavista che trasformò la manodopera africana in capitale sociale, o piuttosto come uno dei primi uomini anglicani la cui coscienza rimase colpita dal peccato di schiavitù?
Ancora oggi risulta difficile interpretare il suo pensiero sulla natura della gestione degli schiavi, una volta appurato che avesse pienamente accettato l’istituzione della schiavitù e il relativo possesso nonché l’impiego lavorativo degli stessi, quando affermava:
“Ho sempre pensato che fosse molto barbaro che ci si prendesse così poca cura dei corpi e così tanto delle anime dei nostri poveri schiavi. La loro condizione mi è costata molte riflessioni mortificanti, e tuttavia non so come potrò ripararla sotto ogni aspetto se non nutrendo bene i miei schiavi.
Sarei certamente contrario a tutti i piantatori in generale se dovessi procedere a proteggere le loro membra e la loro vita mediante una legge, sebbene consiglierò sicuramente qualcosa del genere”.
Quel che è certo è che, a distanza di poco più di trecento anni dalla sua morte, esaurita l’eredità dello zucchero sull’isola ma non quella dei suoi lasciti alla fondazione All Souls College, la statua di Christopher Codrington, rappresentato in abiti romani, resiste tuttora al centro della sua bellissima biblioteca solo come figura storica, mentre il suo nome è stato recentemente rimosso per commemorare “coloro che lavorarono in schiavitù nelle piantagioni di Codrington nelle Indie Occidentali”.