Australia e rum
Mentre stingo tra le mani una bottiglia di rum australiano della Maison Ferrand, il Plantation Australia 2007, osservo quell’etichetta sgargiante di colori contrastata da pappagalli candidamente bianchi, infine racchiusa da una rete di paglia a maglie larghe, e faccio andare indietro la macchina dei ricordi.
Posso solo immaginare coloro che più di un secolo fa maneggiando una bottiglia dello stesso produttore, si imbattevano in quell’espressione beffarda e di sfida che raffigurava lo sguardo di James Steward, in arte Bosun Bill, con il suo cappello da marinaio, il pioniere da contrabbando all’origine di questa storia.
Eh già, perché il rum che sto rigirando, è un edizione di Plantation con un invecchiamento complessivo di 14 anni, di cui uno in Francia in botti di cognac, proveniente dal Queensland, nella parte orientale dell’Australia e prodotto precisamente e legalmente lungo il fiume Albert dalla distilleria Bleenligh. Dico legalmente perché la storia dell’Australia è ancora una volta una storia di emigrazione forzata, questa volta di uomini prevalentemente bianchi ed in particolare di prigionieri deportati dall’Inghilterra di fine settecento.
Distillazione in Australia
Siamo infatti pochi anni dopo l’origine della colonizzazione nel 1787, precisamente sei anni dopo, che già arrivano per nave i primi alambicchi per la distillazione, eppure ci vorranno oltre trent’anni affinché la produzione di rum si incanali sui binari della legalità: la mancanza di moneta corrente arricchisce ancora una volta il prestigio del rum come merce di scambio, e il connubio tra la forzata popolazione di ex galeotti e i corpi militari del New South Welsh pone il rum nel ruolo di protagonista nell’aspro confronto tra gli avidi conformisti dell’impero britannico e i novelli opportunisti della nuova realtà coloniale nella distribuzione delle ricchezze che ne derivano.
Tra queste figure spiccherà anche la figura di William Bligh che, dopo l’ammutinamento del Bounty, verrà chiamato infelicemente a cercare di dirimere numerose situazioni di malcontento e di interessi personali tipici di quando i controllori sono peggio dei controllati!
Ma, mentre cerco di districarmi tra il fascino del legame tra l’Australia e la Giamaica per l’uso dei dunder e la lunghissima fermentazione delle melasse, nonché per la doppia fermentazione, e la coincidenza tra l’utilizzo di analoghi wat di distillazione con la Guyana e precisamente tra l’Old Copper di Beenleigh e il Port Mourant di Demerara Distillers posizionati sugli argini dei rispettivi corsi d’acqua, rifletto sull’incredibile eredità del potere coloniale inglese di quesi secoli.
Bosun Bill
È allora che il mio pensiero torna alle origini di questa curiosa avventura, alle strategie per arricchirsi in ogni maniera più o meno lecita, alle idee per eludere gli stretti controlli delle amministrazioni e infine alla fervida fantasia di Bosun Bill che, da un mulino a zucchero galleggiante, costruisce con l’eccesso di melassa, una vera e propria distilleria fluttuante con annesso lo spremitore di canne, arrivando a completare il ciclo di produzione del rum con annessa l’evasione delle tasse grazie alla fuga per le vie fluviali.
Dopo alcuni anni il business cessa. La storia racconta che Bosun abbia capitalizzato l’idea vendendo l’alambicco, ma la leggenda vuole che nel 1884, una mattina la S.S. Walrus si areni sulle sponde del fiume Albert in prossimità del luogo in cui sorgerà la nuova distilleria di Beenleigh, nel silenzio più totale e senza nessuno a bordo, tranne il copper still di Bosum. L’alambicco raccolto da due soci (John Davy e Francis Gooding) darà origine alla prima distilleria di rum che passata di mano in mano, arriva a produrre l’amato distillato fino ai nostri giorni.